Il Toro ha un problema. Per la Roma tutto grasso che Kolarov

Un Torino involuto e mai coraggioso soccombe, al primo tiro in porta,  contro una Roma col motore al minimo dei giri

Non è l’assenza
di Belotti il vero problema del Torino.
Pensate al
Napoli: perso Milik chi si è preso la squadra sulle spalle? Mertens?
Risposta
sbagliata. E’ stato Sarri. Proprio da quell’episodio è iniziata l’epopea del
tecnico Toscano all’ombra del Vesuvio. Perché il Commodro Marxista (cit Andra Scanzi) ha saputo reinventare la
squadra, ritagliando su misura per il folletto belga, colpevolmente relegato al
ruolo di vice Insigne,  un ruolo inedito
che ne ha, di fatto, esaltato le caratteristiche tecniche e l’intelligenza
tattica facendolo assurgere a protagonista e trascinatore della squadra
azzurra. Il tecnico ha fatto brillantemente il suo dovere: far rendere al
meglio la rosa a disposizione.
Al Toro lungi dall’avere un Sarri, hanno il problema: Mihajlovic.
L’ex ct Serbo non è mai stato un innovatore del giuoco del calcio,  nè si è mai contraddistinto per abbondanza o originalità di schemi, ma prima almeno sapeva essere pragmatico come pochi. Abbiamo tutti ammirato la sua Samp  giocare col coltello tra i denti. Ferrero da tanto che lo ammirava si era addirittura innamorato! Ora che ha una squadra con cui coltivare ambizioni di alta classifica, Sinisa sembra involuto, prigioniero di un unico approccio al gioco ed incapace di inventarne delle varianti. 
Si infortuna Belotti e lui
che fa? Mette Sadiq, un ventenne senza esperienza, reduce da stagioni
travagliate, lo lascia alla mercè delle difese avversarie per poi definirlo, un
po’ “pilatamente”, acerbo a fine
partita.
Se ti sei
fatto comprare, a suon di non pochi milioncini, Niang (che ha dato il meglio di se da
prima punta nel Genoa) e non gli fai fare la prima punta nemmeno quando la
squadra ne ha disperato bisogno per me sei il problema della tua squadra.
Anche perché
Niang può fare l’attaccante esterno solo in un 433 di scuola in cui il suo unico
compito sia puntare l’uomo e creare superiorità numerica; a tutta
fascia, 
il ragazzo  si brucia come un ceppo secco su fiamma viva.
Ma non c’è
solo questo: di fronte ad una Roma stanca, appannata e con la difesa al ballo
dei debuttanti, il Torino si è limitato ad una fase difensiva a tutto campo,
fatta spesso di falli sistematici, con l’unico obbiettivo di non prenderle. Come se proprio non avesse un suo gioco da imporre.
Ha solo la mimetica questa squadra, nessun’altra unifome, da libera uscita o “alta” che sia. Paradigmatica, a tal proposito, la partita di Rincon e Baselli, generosissimi nell’inseguire e
nel “picchiare” chiunque passasse loro davanti, alla lunga sono crollati fisicamente.
Nella
totale assenza di gioco corale, poi,  Ljajić e Iago Falque (veri perni, con Belotti, del
gioco d’attacco del Torino) sono apparsi due pesci fuor d’acqua, corpi estranei
rispetto al resto dei compagni. Solo dopo lo svantaggio, il serbo ha provato a
fare il suo gioco ma ha, tristemente, predicato nel deserto: i compagni non
avevano più la forza di accompagnare l’azione 
e sfruttare i suoi passaggi filtranti.
Di fronte a tanta pochezza, alla  Roma è stato sufficiente applicare alla lettera i
dettami tattici di Di Francesco per fare bottino pieno, nonostante le assenze e
la stanchezza fisiologica dopo le fatiche del mercoledì di Champions.
Il tecnico
abruzzese, intuito l’atteggiamento del suo omologo granata, ha ridisegnato la squadra
non solo adattandola perfettamente all’avversario ma anche dimostrando di credere
ciecamente nel suo lavoro e nei suoi uomini .
Ha preso i
due difensori superstiti (0 minuti giocati insieme) e   li ha
trattati come fossero Costacurta e Baresi: “vi voglio alti a centrocampo, a
fare sempre il fuorigioco”.
Risultato?
A fine partita Sky e Mediaset avevano una collezione di foto raffiguranti Sadiq che
scatta ed il guardalinee, sullo sfondo, che sventola la bandierina a scacchi
giallorossi. Praticamente annullata la prima punta senza mai dovergli contendere la palla. Quanto avrà gongolato Sacchi ?
Per il
resto l’unico accorgimento tattico è stato scegliere Nainggolan nel ruolo di esterno d’attacco per
avere maggiore equilibrio ed interscambiabilità tra  i reparti. 
Sinceramente è un modo edulcorato per dire che, rendendosi conto che la squadra era stanca, senza un ricambio per Dzeko (debilitato da virus intestinale), e con molti uomini fuori forma, Eusebio ha badato ad occupare bene gli spazi  per non far scoppiare i suoi  durante la ricerca dell’episodio vincente.  
La partita
è scivolata via noiosa, prevedibile e quasi senza sussulti. L’unico ad emergere, giganteggiando, nel
grigiore generale è stato Kolarov. 
Sempre straodinariamente preciso nel difendere, straripante quando
attaccava, prodigo di consigli e anche di rimbrotti per i compagni, il serbo è
ormai il leader vero, naturale, della Roma.
Molto più
del dimesso De Rossi (che comunque non è a posto fisicamente)  e dell’irriconoscibile Strootman che appare ancora appesantito, impreciso ed incapace di incidere come un tempo.
La splendida
punizione da 3 punti è il giusto premio per la gara sontuosa del terzino ex
Manchester City.
Segnare su
punizione, di sinistro, nello stadio di uno degli “dei  delle punizioni di sinistro”  gli avrà,
probabilmente, dato una soddisfazione intima ancora maggiore che, come è
giusto, il campione non esterna; per pudore o per rispetto dell’idolo della sua (e per quanto vale mia) infanzia. Giusto così. Gioca sporco, vinci pulito.


Angelo
Spada


(adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});

Lascia un commento

P