MILAN, Montella:”Siamo una famiglia e puntiamo all’Europa.”

Vincenzo Montella si racconta alla Gazzetta dello Sport parlando della sua avventura in rossonero, queste le sue parole:”Nessun alibi. Ogni componente lavora con serietà al servizio
della squadra: il management, la segreteria, l’ufficio stampa, il
magazzino, i giardinieri, la cucina. Non c’è niente che non mi piaccia o
che non funzioni. Anzi. C’è la grande organizzazione che ho sempre
immaginato. La mentalità di chi ha una grande storia e pensa sempre in
grande. Una famiglia con tante anime pronte a sostenerti, ho cercato di
stare un passo indietro per capire la struttura e i pensieri di tutti.
La difficoltà maggiore è stata ricostruire la convinzione dei giocatori.
Anche se Mihajlovic ha fatto un buonissimo lavoro: fosse rimasto magari
avrei allenato la squadra in Europa”.
Arrivare
anche un solo punto sopra di loro, che hanno fatto grandi investimenti,
mi farebbe piacere. Ma non mi valuto in rapporto agli altri, solo
rispetto a quanto faccio con la mia squadra. Mi auguro semmai che il
derby riguardi presto zone più alte della classifica. Per l’Europa ci
sono diverse squadre: anche l’Atalanta durerà fino alla fine”.

Poi torna sul caso Bacca definitivamente chiuso: “Chiedete
conferma a lui. Le volte che è uscito arrabbiato ce l’aveva
principalmente con se stesso. Poi ci ha portato tutti a cena”. 
Parla anche dei suoi giovani talenti:“Gigio
è il più maturo. Locatelli finora ha avuto un grande rendimento anche
considerato il rapporto tra il ruolo e l’età che ha. Una lieve flessione
è normale, l’importante è che non vada a minare le sue certezze
interiori: certe fasi sono più produttive di quando viene esaltata ogni
cosa che fai. Lui ha grande equilibrio, in prospettiva potrà fare anche
il centrale nella difesa a tre. E anche Calabria saprà dare il suo
contributo. Tutte le squadre vincenti della storia hanno potuto contare
su un gruppo di giocatori arrivati dal vivaio. Magari è anche per questo
che i tifosi sono sempre stati al nostro fianco. Tra gli altri giovani
vedo Romagnoli cresciuto nel “mestiere”, Pasalic in prospettiva è il
prototipo del centrocampista moderno. Deulofeu ha impressionato per la
rapidità con cui si è inserito, senza dimenticare Suso. Mi
auguro di essere cresciuto anch’io e adattato alle caratteristiche del
gruppo. Se non c’è urgenza di risultati il mio calcio è quello in cui si
gioca di più la palla. Alla Fiorentina l’obiettivo era riportare la
gente allo stadio e non potevamo che proporre un calcio divertente.
Inoltre abbiamo anche ottenuto risultati stratosferici. L’anno più
difficile non è certo questo, semmai quello alla Samp, perdevamo quasi
sempre… Non credo più ai metodi con cui sono stato allenato io. Per
intendersi, niente gradoni. Su tecnica e tattica non si inventa più
niente, allora devi curare aspetti diversi come il recupero fisico e
psicologico. Yoga, alimentazione, sonno sono aspetti fondamentali. Il
mental coach? Quello dei giocatori è l’allenatore, così finisce lui per
averne bisogno. Confesso: io mi rivolgo a più di uno. A Milanello passo
7­8 ore, poi ho scoperto l’importanza di staccare e di non vivere con
l’ossessione del calcio. Magari sì, lavoro meno di prima”.
Parla anche del talento sprecato da Niang:“Come
Balotelli ha potenzialità enormi, per caratteristiche è forse più
adatto al calcio inglese. Si è impegnato molto, anche se a volte in
maniera insufficiente. Magari tornerà più forte”. 
Monella non disdegna nemmeno un’avventura all’estero:
“Non avrei difficoltà, penso arricchisca. Certi campionati e certe
città mi piacciono più di altre: Londra per esempio… Tra gli allenatori
avuti quelli che ho avuto io il più bravo è Spalletti, poteva farmi
giocare di più, ma mi ha aperto la mente”. Infine, sull’ex compagno e amico Totti:
“Fossi stato il suo confidente lo avrei “costretto” a smettere, l’anno
scorso sarebbe stato perfetto. Ma capisco anche la voglia di continuare a
regalare emozioni. Le mie gioie invece riguardano i miei figli: sono
per prima cosa un papà orgoglioso, poi tutto il resto. Mio figlio
Alessio ha appena compiuto 18 anni, ha lasciato il calcio per studiare,
non so da chi abbia preso. Ha superato l’esame alla Bocconi, management
aziendale. Se sono diventato allenatore è per un suo suggerimento”. 
 
 
                                                                                                                           di Gian Marco Vignaroli

Lascia un commento

P