Verona Roma a pranzo. Appuntamento per palati fini o basta che se magna?

Sfida aperta ad ogni
risultato perché i valori delle due rose, in questo momento, passano in secondo
piano rispetto a condizione fisica, mentale e motivazionale.

Quando si gioca alle 12 e 30 il tifoso deve riprogrammare la
giornata. Aperitivo anticipato, pranzo posticipato, rischio altissimo che “visto
che a pomeriggio sei libero” alla moglie venga un’improvvisa, asfissiante
voglia di Ikea e similari.
In caso di vittoria una passeggiata tra vetrine e scaffali
la si può anche tramutare in digestivo, ma in caso di sconfitta a dramma si
aggiunge dramma. Quello sportivo si accartoccia insieme a quello esistenziale
formando un rottame che per spostarlo ci vuole una gru con portata eccezionale.
A questo scontro in orario da mensa, Verona e Roma si accostano
con stati d’animo diametralmente opposti; morale alle stelle per gli scaligeri
reduci dalla roboante vittoria al Franchi, de profundis per una Roma smarrita,
asfittica, inconcludente ed irritante. Anche sfortunata ma quello non fa testo.
Di sicuro Pecchia ha da insegnare a Di Francesco. Il campionato
del tecnico toscano è ad handicap: rosa non all’altezza (altrimenti a Cassano
non sarebbe mancata la famiglia), risultati altalenanti, sfiducia della piazza,
mugugni societari. Eppure il buon Fabio, che fu un degnissimo sostituto di Maradona,
è stato uno scoglio nel mare. Non si spezza e non si piega, guarda solo avanti
e riparte contro tutto e nonostante tutto.
Di Francesco strabuzza gli occhi, parla con un filo di voce,
non cambia modulo iniziale, lo stravolge in corsa. In una parola, annaspa. E’
un pesce fuor d’acqua nonostante la vaschetta se la sia riempita da solo.
E’ vero, ha alle spalle la peggior società possibile.
Povera, inconsistente, spocchiosa, incurante della parte sportiva e anelante solo
di realizzare plusvalenze.
Ma la storia del calcio è piena di società in difficoltà in
cui l’allenatore chiude la porta dello spogliatoio, compatta il gruppo e lo fa
comunque rendere al massimo.
Mi vengono in mente la squattrinata Roma di Ranieri ed il disperato
Parma di Donadoni per fare due esempi non troppo distanti nel tempo.
Ora il tecnico abruzzese deve trovare il bandolo della
matassa, arrivare quarto e poi decidere se andare via da una società senza
futuro o puntare i piedi per ottenere garanzie tecniche.
Che poi, a pensarci bene, la matassa è molto meno intricata
di quanto sembra.
Qual è il problema della Roma? Che a Dzeko son sempre
arrivati pochi palloni.
Risolvibilissimo come problema. Come?
Ci sono tante strade e DI Francesco è pagato profumatamente
per trovarne una.
Io posso dare un suggerimento prezioso, gratuitamente.
Schierare 11 giocatori sempre col 4-3-3 indipendentemente da
condizione fisica, uomini a disposizione, ed avversario che si affronta è, di
sicuro, una strada da non percorrere; porta a sbattere.
Contro una mancata qualificazione in Champions che significa
ridimensionamento ulteriore per la Roma ed azzeramento delle sue credenziali
come allenatore.
Ha degli ingredienti a disposizione con cui probabilmente
non può fare una cena da otto portate per dodici persone dal palato fine. Ma a
volte una aglio e olio fatta bene  fa felici
tutti in cucina e fuori.
Si metta ai fornelli prima di trovarsi cotto.
E buon appetito!

Angelo Spada


(adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});

Lascia un commento

P