Massimiliano Allegri è stato intervistato a lungo da Paolo Condò: ecco alcuni tratti dell’intervista direttamente dal sito ufficiale bianconero, che ha voluto riportare subito le parole del proprio mister.
IL MESTIERE DI ALLENARE
«Giocare e allenare sono due lavori molto differenti – spiega – Quando si finisce di giocare a calcio, bisogna capire cosa si vuole fare e soprattutto cosa si è capaci di fare. Conta molto la testa, sia quando si gioca che quando si allena: dire “un giocatore è bravo, ma non ha testa” secondo me non ha senso, l’aspetto mentale è fondamentale. E tutto va vissuto con leggerezza: anche le batoste, gli esoneri, aiutano a crescere e sono una parte del percorso; per il resto bisogna farsi trovare al posto giusto al momento giusto».
LA STORIA DI ALLEGRI ALLENATORE
«Sono stato formato nelle piccole squadre, e questo mi ha aiutato nelle difficoltà: alle volte mancano i palloni, le società sono in ristrettezze economiche. Proprio in quei momenti devi ingegnarti, per far rendere la squadra: ogni giorno è un esame, ma quando hai un campo, una palla e due porte puoi allenare, senza pensare a cosa può succedere».
IL CALCIO SECONDO MAX
«Alla fine, tutto è molto semplice: bisogna avere giocatori bravi e sapere passarsi la palla. Quando a fine partita sento parlare di arbitri, numeri e schemi sorrido: si focalizza l’attenzione troppo poco sulle grandi giocate, su una parata di Buffon o su un lancio di PirIo».
L’ARRIVO IN BIANCONERO
«Nel 2014 percepii subito la forza della società, fondamentale per raggiungere risultati. Parte dei tifosi erano diffidenti, ed era normale, in quanto erano legati ad Antonio Conte, ma io guardando la squadra ero convinto che si potesse continuare un percorso vincente, sennò non sarei venuto qui. Il primo anno non ho stravolto nulla puntando a confermarci in Italia e a crescere a livello internazionale. La difesa? Poteva giocare indifferentemente a 3 o a 4, essendo una delle migliori in Europa». A proposito di difesa, un gustoso aneddoto su Barzagli: «Quando lui era a inizio carriera e io praticamente un ex calciatore, gli consigliai di non giocare da mediano se non voleva rischiare di fermarsi in Lega Pro, ma di arretrare di una quindicina di metri in campo».
LA CONSACRAZIONE
«Il secondo anno non è stato semplice, partivamo da addii dolorosi, i “senatori” dello spogliatoio si trovavano molti compagni nuovi ed era necessaria l’amalgama. Ma io ero convinto che avremmo vinto lo Scudetto, lo ho detto ai giocatori e ho i testimoni: mi faceva ridere vedere chi parlava con troppa facilità di Juve finita. Le legnate che prendemmo ci servirono molto, per compiere lo straordinario percorso di 25 vittorie, una cosa irripetibile: il segreto fu smettere di guardare la classifica e, a ogni giornata, puntare ad agganciare solo la squadra che stava sopra di noi».
L’EUROPA E L’ULTIMA STAGIONE
«Intanto, dico che è molto sbagliato considerare questa stagione “normale” solo per i 40 minuti di Cardiff. Ci siamo assestati fra le migliori d’Europa, dobbiamo continuare a crescere: da quella famosa partita con il Malmo, qualche anno fa, di acqua sotto i ponti ne è passata e noi siamo diventati grandi in autostima e consapevolezza, ma non basta ancora».
Su Cardiff: «La Finale è una partita secca, da vincere e basta, la tattica conta meno che sulla doppia sfida, come si è visto in questi anni proprio per esempio con Real e Barcellona. A Cardiff il Real ha dimostrato di rispettarci molto, aumentando i ritmi solo quando ci hanno visti in difficoltà».
Allegri racconta anche le fasi cruciali della stagione in Italia: «Dopo Firenze ho avvertito il rischio di perdere lo Scudetto, che in realtà percepivo già da qualche settimana: il pericolo di entrare in un vortice negativo e farci raggiungere c’era. Da qui la necessità di spaccare la stagione, di dare una svolta: allora ho pensato a mettere tutti dentro in attacco».
I CAMPIONI BIANCONERI
«Bonucci deve solamente capire che lui è il futuro leader dello spogliatoio: un giocatore straordinario. Buffon è la nostra ancora: abbiamo grandi obiettivi ancora da raggiungere, la Champions sarebbe il coronamento a una carriera straordinaria, quindi non bisogna pensare al futuro. Dybala? Diventerà uno dei più forti giocatori al mondo»
LE SFIDE DELLA PROSSIMA STAGIONE
«Sono pienamente convinto che faremo un’altra grande annata: la sfida è importante, anzi, straordinaria, la Juve deve e può continuare a essere protagonista in Italia, alla ricerca del Settimo Scudetto e della Coppa Italia, e in Europa, con la Champions League».
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